Un Mammut come insegnante: la “didattica” che non fa paura a Scampia

Sotto i colonnati della più grande piazza di Scampia esiste un centro che fa ricerca, pedagogia e recupero dei luoghi. Si chiama Mammut, e non fa paura, anzi aiuta i bambini ad amare la scuola.

Abbiamo incontrato Giovanni Zoppoli, coordinatore generale del Centro ricerche Mammut di Scampia. In questo laboratorio sperimentale di rigenerazione e partecipazione urbana da più di dieci anni si trasmette una nuova didattica esperienziale che aiuta i bambini ad amare la scuola e il quartiere in cui vivono.

A Scampia la gente del quartiere lo chiamava da sempre ‘o mammut: è sproporzionato, invadente, assurdo, ingombrante. È la conseguenza di quelle cose lasciate a metà, mai portate a termine, volute e pensate per “apparire in grande”, ma senza pensare a chi ci abita e senza chiedersi se possa davvero servire. ‘O mammut è il poderoso porticato che affaccia sulla piazza più grande di Scampia, agli atti piazza dei Grandi Eventi, ma nota come “la piazza del Male”, infestata da siringhe e chiazze di sangue. Solo le persone sanno nominare nel modo più appropriato i luoghi della comunità, sia quando li vivono sia quando li abbandonano. Se un progetto architettonico pubblico non comunica con il resto del territorio circostante e dimentica di essere “a misura del cittadino”, a cosa può servire?

“La piazza doveva essere racchiusa da un colonnato megalitico speculare con lo stesso effetto dei pantheon antichi, ma la mancanza di fondi bloccò il completamento dell’opera e ne fu realizzato solo uno. ‘O mammut, appunto, la gente così lo deride e lo evita. Ci vedeva solo il Male”, Giovanni soddisfa subito la nostra curiosità in merito a questo appellativo.

Nessuno andava più in quella piazza, se non per farsi del male…E allora Giovanni Zoppoli e i suoi collaboratori decisero di essere i primi a ritornarci e di riscattare quel luogo: “Nel 2007 ci chiesero di fare qualcosa per Scampia. In quel periodo, quando eravamo circa trenta membri attivi, individuammo il luogo del nostro progetto nella piazza più grande del quartiere. Bisognava riprendersela!”. E così hanno fatto, e di questa storia vi anticipiamo subito il finale: “Le docenti ci hanno testimoniato che i ragazzi, prima, erano demotivati; dopo questa esperienza li vediamo felici e attivi di essere e di fare scuola”.

Centro territoriale Mammut

Spazi a misura d’uomo: rigenerare la città

La “rete” del centro di ricerca Mammut nacque in quella piazza, nel 2007. Come i grandi supereroi che si risvegliano nel momento in cui l’umanità è in pericolo, anche Mammut ha fatto la sua comparsa nel momento in cui si stava ripetendo quella ciclica parabola delle emergenze sociali che abbattono Scampia: la gestione dei suoli, l’immigrazione e le faide di camorra.

“Noi esistevamo già da tempo come associazione di promozione sociale Compare, un comitato per l’assegnazione e la realizzazione di soluzioni abitative per i rom, nato nel 1997 nel campo rom di Scampia con una rete di gruppi che si occupavano di solidarietà sociale per i rom a livello nazionale. L’obiettivo era di svecchiare quei pesanti stereotipi sociali del tipo ‘il rom è povero, disadattato o delinquente’. Volevamo riportare quella gente alla loro dignità e soprattutto aiutarla a inserirsi nella città, perché il problema non è mai la persona, ma il contesto.”

La scelta del collettivo ha puntato subito alle nuove generazioni: “Siamo partiti dai bambini: abbiamo fatto iscrivere i bambini rom a scuola, e abbiamo affrontato il problema di smantellare la discriminazione culturale e intellettuale che subivano. Questa battaglia è durata una decina di anni, ha visto impegnata tutta la rete italiana nel favorire l’inserimento scolastico dei minori e la loro integrazione sociale”.

Riprendersi i pezzi di città e rigenerarli con la didattica è infatti la ricerca metodologica del centro Mammut, è la sua unicità, la sua visione, la sua tematica di studio, la sua missione sociale. “Il territorio non va solo monitorato con telecamere e forze dell’ordine, non è una bestia da domare, va invece studiato con il filtro dell’urbanistica, della sociologia, dell’antropologia, va compreso e supportato, va valorizzato nella sua identità. I pezzi della città vanno messi insieme, come un grande puzzle in cui le persone vivono i luoghi e ne riempiono gli spazi con i gesti e le azioni di tutti i giorni. Non possiamo affidarci a progetti municipali o nazionali altalenanti, incompleti, che oggi ci sono e domani forse, né pensare che la soluzione sia organizzare eventi sporadici o di facciata. Vogliamo stare per le strade, offrire ogni giorno presidi umani a contatto con l’umanità.”

Scampia Napoli

La piazza del Mammut è rinata

Scampia ha avuto la fortuna di un piano regolatore organico, ma è stata mortificata da “mastodontici” progetti architettonici pubblici invasivi che non comunicano con il resto del territorio e finiscono per allontanare le persone anziché unirle. Ecco perché, quando l’associazione Compare cominciò il progetto Centro territoriale Scampia con la Regione Campania, si decise di partire proprio da quelle sei colonne recintate adottandone il soprannome − ‘o mammut − ma ribaltandone la connotazione negativa; già dopo tre anni, il gruppo di lavoro (guidato oggi da Giovanni Zoppoli insieme ad Assunta Iorio, Chiara Ciccarelli e Pierluigi Vallefuoco) aveva favorito la rinascita della grande piazza, avviando numerose attività nei locali della struttura circostante.

Nel 2008, in attesa che la Regione concludesse i lavori di risistemazione della piazza e riqualificasse la struttura architettonica, nacque un vero presidio “umano” in collaborazione con gli altri partner del progetto coinvolti (tra cui Casa-laboratorio Cenci e l’Università di Napoli), e da questa rete cominciò anche l’avventura del progetto Mammut. “Ripulimmo il luogo dalla spazzatura con l’aiuto del guarattellaro Salvatore Gatto, ci riappropriammo dello spazio, costruimmo una grande giostra per il gioco dell’oca”. Al termine del finanziamento, il collettivo Mammut è rimasto nella grande piazza, inventandosi e trasformandosi ogni giorno con nuove idee: “Tra mille capriole e salti mortali (molto difficili per un Mammut!) siamo riusciti a trovare i fondi per andare avanti, grazie anche al sostegno di fondazioni private e  alla vincita di bandi comunali”.

Ciclofficina Mammut Scampia

Attraverso molteplici attività base (completamente gratuite e operanti anche senza finanziamenti) il centro Mammut investe sulle potenzialità dei ragazzi per farli interagire e prendersi cura in modo concreto degli spazi della piazza (ad esempio la Ciclofficina, i laboratori di break dance e rap). Questa ricchezza didattica, per fortuna, non è solo per il quartiere: “La cosa bella in questi anni è che Mammut è diventato un punto di aggregazione sociale, culturale e sportiva che attira anche generazioni oltreoceano, e i ragazzi più grandi insegnano ai più piccoli secondo la logica della peer education. Tra i gruppi degni di nota, Giovanni va fiero di quello dei rapper, che si è rafforzato in questi anni, sulla scia del trend musicale, grazie a una piccola sala di registrazione allestita nella struttura dove si può lavorare alle proprie tracce: “Pierluigi è il responsabile della sfera uso autonomo della sede grazie alla quale, in accordo con le scuole, si usa lo spazio condiviso con tutto il quartiere e con chiunque abbiamo interesse a fare qualcosa, in modo da tenerlo occupato e vivo, sotto la costante supervisione di qualche nostro rappresentante”.

Se pensate che sia filato sempre tutto rosa e fiori, vi sbagliate. All’inizio la struttura era oggetto di raid e gesti intimidatori, “adesso invece la conflittualità con il territorio è quasi del tutto scomparsa, a volte ridotta alla contesa degli spazi interni da parte dei ragazzi. Ecco perché qualcuno di noi deve essere sempre presente, bisogna saperci fare, saper dialogare, perché un minimo errore di approccio può compromettere l’equilibrio sociale finora costruito”.

Corsi break dance Scampia

Ricerca e formazione

In Mammut si studia, e molto, si fa ricerca scientifica, si impara e si insegna la disciplina del recupero degli spazi pubblici attraverso un modo nuovo di fare scuola. Se state pensando subito al doposcuola, cambiate idea, perché non lo è. In sede si fa sperimentazione pedagogica, cioè si lavora sulla motivazione dei ragazzi soprattutto quando è il tasso è carente. Mammut è la visione di una “nuova scuola” pensata per la scuola, e che entri nella scuola. “Questa nuova didattica all’inizio è stata considerata come una follia dalle istituzioni scolastiche; dopo il primo anno di sperimentazione, Mammut ha invitato in piazza le scuole di tutta l’area limitrofa (Scampia, Secondigliano, Monte Rosa ecc.) per lavorare insieme. Una volta ogni anno, le classi scolastiche (si parla di quattro-cinquecento bambini) si trasferivano dalle aule alla grande piazza e le cose andavano più che bene. I docenti potevano tranquillizzarsi e lasciare liberi i ragazzi di concentrarsi sulle attività, senza stress, senza bisogno di sorveglianza, senza pericoli. L’interesse era forte.” L’inconcepibile architettura ‘ddo mammut si è trasformata in uno scenario umano per percorsi di caccia al tesoro, laboratori teatrali, musica ecc.

Il Mammut che fa scuola è diventato esso stesso “scuola”. In parallelo alle attività con i ragazzi è nato un ambito di formazione per “operatori di strada” attivi sia nel quartiere (soprattutto i docenti dell’Istituto professionale statale “Vittorio Veneto” e dell’Istituto di istruzione superiore “Melissa Bassi”) sia oltre Scampia, e il centro di ricerca ormai si pone quale punto di riferimento per tutto il territorio nazionale. “Abbiamo aiutato l’ONG Intervita (attualmente WeWorld) impegnata sulla dispersione scolastica, con un ciclo di formazione tra Palermo, Roma, Bari e Milano), e tanti altri gruppi, cooperative e associazioni per la rigenerazione del territorio attraverso l’urbanistica e la sociologia: perché i luoghi sono fatti per le persone e non viceversa.” Da queste esperienze sono nate anche pubblicazioni, Come partorire un mammut (e non rimanere schiacciati sotto) per Marotta e Cafiero Edizioni, e Come far passare un mammut attraverso una porta (e non fracassarla): sono la documentazione di tutti i percorsi intrapresi nelle scuole che contribuiscono al progresso scientifico della materia.

Il Barrito dei Piccoli Mammut Scampia

Il modello Mammut per una “scuola nuova”

Dal 2007 la sperimentazione didattica di Mammut è partita con il V Circolo e l’Istituto comprensivo Virgilio 4, con il 58° Circolo di Monterosa e con l’Istituto comprensivo “28 Giovanni XXXIII” di Chiaiano, e coinvolge dirigenti e docenti per gettare le basi della “nuova scuola” a Scampia. Il progetto prevede attività all’interno dell’orario scolastico per coinvolgere dal vivo gli scolari all’interno di realtà sociali difficili come i campi rom o le carceri.
Il Mammut è nato infatti come progetto di matrice scolastica per i ragazzi, intenso nel suo senso didattico più che istituzionale, per evitare il fenomeno di dispersione e di calo di frequenza nelle classi medie e superiori: “Dopo le medie, non puoi trattenere i ragazzi sempre chiusi in aula. Gli studi di sociologia consigliano una scuola costruita su esperienze e di uscite sul territorio, soprattutto per i quartieri più disagiati. I ragazzi non devono essere considerati vittime o cattivi, non sono ‘ragazzi da recuperare’, ma sono loro stessi a dover recuperare la città con le arti (di strada), come eroi coinvolti in una missione che li responsabilizzi e li educhi al tempo stesso”. Questo modello didattico di legame con la città è alla base del progetto Corridoi: si tratta di viaggi organizzati fuori da Napoli ai quali partecipano i ragazzi che frequentano il centro sociale per sbloccare in loro ulteriori frontiere sia didattiche che educative. Quando arrivano nella nuova città, italiana o europea, questi giovani diventano parte attiva per il recupero sul territorio (Giovanni ci ricorda con soddisfazione il recupero del quartiere Le Fornaci a Pistoia organizzato con un gruppo di giovani writer).

Nelle scuole che collaborano con Mammut, inoltre, si organizzano riunioni a cadenza trimestrale con docenti e bambini per decidere i temi dei laboratori. Dal 2016 queste sperimentazioni si sono evolute in singoli gruppi di redazioni denominati Barrito, guidati dai bambini sotto la supervisione dei docenti secondo la pedagogia e lo stile Mammut. “All’apertura di ogni anno scolastico, a settembre, andiamo nelle scuole e raccontiamo un mito con l’aiuto dell’attore Tonino Stornaiuolo.” Mammut arriva nei cortili scolastici con il camper Mammutbus, si allestiscono giochi popolari e si racconta un mito proposto dagli operatori di Mammut all’attenzione del gruppo redazionale della scuola.

Mammut Scampia

“Il tema in genere ci viene ispirato soprattutto dalle problematiche e dalle difficoltà più forti che percepiamo quando ci confrontiamo con le maestre durante gli incontri. Può durare un anno o più, e può proseguire in parallelo al tema dell’anno precedente. In genere i temi sono lo specchio della realtà quotidiana dei ragazzi: separazione, rapporto con genitori, vestiario ecc.”

Ogni bambino deposita un racconto personale in uno scatolone, detto “tana”, poi si passa in rassegna ogni articolo e di discute quale di essi diverrà oggetto del Barrito e di pubblicazione sul giornale di classe di ogni gruppo di redazione, tramite una votazione e un’adeguata motivazione. Le singole Redazioni si scambiano gli articoli favorendo la condivisione e la sinergia creativa in modo che, a rotazione, i pezzi siano pubblicati sui gazzettini di tutti i gruppi scolastici e “la scrittura diventi così un punto comune”. I pezzi sono firmati sia da adulti che da bambini, ma per i disegni, a quanto pare, i bambini sono più attratti da quelli realizzati dagli adulti piuttosto che dai coetanei. “Per questo progetto redazionale siamo sostenuti da Else Edizioni di Roma, che è un partner attivo in questa rete progettuale e ci aiuta per la veste grafica e il menabò, dalla Tavola valdese che ci sostiene con finanziamenti, e da illustratori del calibro di Juan Barnabeu.” Il Giornale di classe è un vero storytelling scritto e animato, un racconto inedito di esperienze vissute da ragazzi dai 6 ai 10 anni che attinge la sua carica narrativa dalle domande, dai dubbi, dalle curiosità, dai rapporti interpersonali, dai diari di viaggio, dai carteggi e dalle corrispondenze delle emozioni vissute fuori dal Paese, dalle storie, dai notiziari di cronaca, dai dolori e dalle speranze, dalle visioni sul mondo e dagli eventi della storia, dalle riflessioni sulla famiglia. C’è anche una rubrica sui sogni incorniciata da fumetti a strisce, una sui colmi, un cruciverba e uno spazio per le recensioni di film, e spesso anche un contributo firmato da studiosi ed esperti educatori. “Immaginate quanto sia difficile gestire tutta questa frenesia nel raccontare, ogni bambino vorrebbe dire la propria! Un operatore del nostro centro deve infatti mediare tutto il materiale, fare opportune verifiche nel corso del tempo su tutti i prodotti finali e metabolizzare quello che ne è emerso parlandone con le docenti. Il punto è mirare a una didattica ‘salutare’: un buon tasso di benessere individuale e comunitario induce a voler andare a scuola, aumenta la frequenza e il rendimento scolastico”.

Didattica Mammut Scampia

La visione del presente e le prospettive per il futuro

“Non me la sento di fare l’opinionista su fenomeni storici che assillano la quiete di Scampia come l’abbattimento delle Vele e i fenomeni di baby-gang. In questi ultimi anni la voragine tra ‘città dei ricchi’ e ‘città dei poveri’ è aumentata, c’è odio e rancore tra i due emisferi. Questa separazione si rispecchia anche nelle scuole: classi formate dai figli di famiglie disagiate e classi con figli di famiglie benestanti. A mio avviso, la scuola, oggi, sin dal grado dell’asilo dovrebbe essere riformata per abbattere quel vecchio sistema gerarchico che non favorisce una sana crescita del bambino. Fino alle elementari tutto è sotto controllo, ma poi alle medie i ragazzi ‘esplodono’ e gli adulti, intendo i docenti, spesso non hanno la forza fisica e la formazione per imporsi su ragazzi che si ribellano alla vita, anzi ne hanno proprio paura. Accadono vere tragedie, è un’età delicata, la gente non immagina neanche”.

In merito alle sorti di Napoli, anche con Giovanni Zoppoli ci parla di città-vetrina:“Mancano momenti di vero scambio. Napoli è tante città, una dentro l’altra che si guardano ancora in cagnesco. Il turismo porta i soldi e va bene, ma così è solo una Napoli-vetrina, e chi non vive questa vetrina tende a romperla. I ragazzi delle scuole medie si nutrono di Internet e di videogiochi o entrano in un circuito di micro-aggressività, e onestamente mi preoccupa di più la prima dinamica. Sarebbe più sano insegnare alla città a tirar fuori la parte ‘bambina’, emotiva, quella sana ‘umanità animale’ che può produrre creatività, e far dialogare le diverse parti senza che collidano.”

Giovanni Zoppoli Mammut

Giovanni Zoppoli continuerà a guidare il suo Mammut sulla strada già tracciata, che da oggi, impariamo tutti a chiamare “la nuova scuola”, sperando che favorisca quell’urgente incontro tra città ricca e città povera: “Vogliamo ingrandire il flusso degli operatori che vengono a fare esperienza di formazione da noi, così come ci piacerebbe avere qui anche quei bambini iscritti in scuole di altre municipalità, e non solo in occasione degli eventi della piazza, ma come presenza costante”.

Un aggettivo per Napoli?
Vitale.

Di Giovanni Postiglione, a cura di Michela Palmieri