Yoga in carcere a Poggioreale: tu non sei il tuo errore

Yoga in carcere a Poggioreale: un gruppo di detenuti coltiva la possibilità di un nuovo futuro interiore.

Abbiamo intervistato Elisa Grella dell’Associazione Shanta Pani Napoli, capofila della realizzazione del progetto di yoga in carcere.

Per chi ha perso la libertà: i benefici dello yoga

Perché un progetto di yoga?

Elisa Grella: “La pratica dello yoga ha lo scopo di potenziare nelle persone che lo praticano l’autostima, la conoscenza del sé, la capacità di rilassarsi e contemporaneamente di concentrarsi meglio, di respirare correttamente mirando ad una positiva integrazione e armonia di corpo e mente.

La funzione terapeutica dello yoga è stata ormai riconosciuta, soprattutto per chi vive in condizioni di shock post traumatico, disagio, rabbia, paura.

Lo yoga in un contesto carcerario può contribuire ad una diminuzione del livello di aggressività che ciascun detenuto riversa sui compagni e su sé stesso, ad una sensazione di maggiore serenità di animo che migliora la solidarietà tra compagni e contrasta atteggiamenti di isolamento ed emarginazione.”

Yoga carcere Poggioreale Napoli

Il karma yoga: uno dono senza aspettativa

Elisa Grella: “L’idea di insegnare yoga in carcere è nata per una progettualità di karma yoga: significa offrire come dono un proprio servizio, che sia rivolto a una persona, oppure a un’istituzione. Karma yoga è lasciare il frutto di quello che si dona senza alcuna aspettativa.

Abbiamo iniziato a Poggioreale perché abbiamo trovato la direzione del carcere possibilista nei confronti di questo progetto. Ci hanno assegnato un dipartimento specifico, alla prima esperienza carceraria, con detenuti dai 20 ai 50 anni.

I detenuti hanno avuto la possibilità di decidere se aderire o no.”

Una volta a settimana

L’iniziativa è partita ad ottobre e si articola in due ore di lezione una volta a settimana. Inizialmente trimestrale, è divenuta permanente grazie anche anche alla partecipazione di altri insegnanti yoga di altri centri e associazioni.

Esercizi fisici con sequenze di asana (posture) si alternano a tecniche di pranayama (gestione e consapevolezza del respiro) per sviluppare la concentrazione e la conoscenza profonda di sé.

Non mancano momenti di introduzione alle basi filosofiche dello yoga per aiutare a comprendere il lavoro evolutivo che si sta affrontando insieme. Ai partecipanti vengono trasmesse inoltre tecniche di meditazione, di rilassamento guidato e strumenti di pratica personale per poterli rendere autonomi nella ricerca del proprio benessere di corpo e mente.

Tu non sei il tuo errore

Elisa Grella: “La risposta del gruppo è stata fantastica. Lavorare nel carcere è differente: la persona che vive in condizioni di limitata libertà è una persona che vive uno shock post traumatico, in condizione di depressione, di mancanza di stimoli e povertà socio-culturale.

Qui le persone pensano di non poter avere un vissuto differente da quello che hanno avuto. Il carcere intanto soffre della mancanza di attività di reinserimento per i detenuti. Questo porta alla neutralizzazione: le persone vivono come sospese, senza attraversare un percorso di evoluzione, di rieducazione.

All’interno delle classi di yoga in carcere c’è uno spazio energetico particolare: i ragazzi vorrebbero essere altrove. La difficoltà è portarli nel qui ed ora.

Mi sono ritrovata con loro a parlare del “non essere il proprio errore”: di non essere destinati a commettere sempre lo stesso tipo di azioni: loro rimangono stupiti, per loro è un concetto nuovo.”

Napoli: mondi distanti a ridosso gli uni con gli altri

“Sono persone che hanno sbagliato una volta. In un substrato povero e difficile, la percezione del limite oltre il quale si commette l’errore è più lontana. Si può cadere facilmente in uno sbaglio che pregiudica tutto…

Questo lavoro mi ha messo a confronto con una realtà che ci appartiene: nella nostra città convivono realtà diverse, pur non comunicando tra loro. Lo yoga è integrazione. Grazie a questo progetto stiamo dialogando con una di queste “realtà diverse”. Il carcere non è un mondo lontano, ma vicino a noi. La persona che ci vive può essere anche un mio problema. E magari io un aiuto per lei.”

Un’idea contagiosa e in evoluzione

“I ragazzi volevano approfondire l’argomento yoga, abbiamo quindi chiesto solidarietà alle persone che avevano saputo di questo progetto. Abbiamo aperto una lista su Amazon e abbiamo chiesto di donare un libro. Abbiamo ricevuto tantissimi libri. La lista è ancora aperta, è possibile aggiungere testi e contribuire alla piccola biblioteca yogica.

Ma c’è di più, il nostro sogno continua. Da ottobre 2017 con Shanta Pani School Italia partirà il primo corso di formazione per insegnanti di yoga che desiderano insegnare in carcere.”

Un aggettivo per descrivere Napoli

“Strutturata. Napoli ha a più livelli di lettura e più possibilità.”